Il 'Decreto Rilancio' si è dimenticato 'in toto' di loro, i bus adibiti a servizi turistici. La rivolta è pertanto pronta a esplodere mediante lo strumento dello sciopero fiscale. "Se non ci danno soldi per ripartire non vengano poi nemmeno a chiedere le tasse - 'tuona' il Presidente del Comitato Bus Turistici Italiani, Riccardo Verona -. Senza lavorare non serve rimandare le scadenze. I soldi che ci sono oggi non ci saranno a maggior ragione tra qualche mese".
Cardine integrante di un ingranaggio che nel suo complesso supporta centinaia di migliaia di persone, le oltre seimila aziende che si riconoscono in quest'organismo di rappresentanza (che nel periodo delle grandi partenze danno lavoro a quarantamila famiglie) aiutano i vacanzieri a raggiungere città d'arte e località scelte per un periodo di riposo. "Il nostro settore (che contribuisce in modo decisivo anche alla filiera di congressi ed eventi, ricorda Verona) è parte integrante del turismo. Il Governo di tutto questo sembra rendersi conto solo a parole, parlando del turismo come di un settore fondamentale per l’economia del nostro Paese, senza poi mettere in campo alcunché per sostenerlo. Anzi, dando soldi ed aiuti alle aziende pubbliche, creando di fatto concorrenza sleale e la morte di migliaia di piccole e medie imprese".
Il provvedimento in vigore dai giorni scorsi è quindi bollato dal Comitato come totalmente inadeguato. Dopo settimane di annunci pone infatti tutta una filiera, quella turistica, alle corde. Il fatturato annuo del Comitato Bus Turistici Italiani, generalmente di quasi tre miliardi di euro, per il 2020 si prospetta interamente azzerato.
Le vie per una possibile salvezza passano alcune misure chiare e precise: