Partite Iva estere per le imprese di autoservizi, un ostacolo alla libera circolazione dei servizi?Il peso degli adempimenti e soprattutto dei costi per le posizioni fiscali necessarie per lo svolgimento di servizi in altri paesi




Tra i vari ostacoli che incontrano le imprese di autoservizi nello svolgere la loro attività ci sono senza ombra di dubbio i costi e gli adempimenti necessari per lo svolgimento di servizi che, a seconda dei casi, abbiano come destinazione o attraversino Belgio, Olanda, Austria, Danimarca, Polonia, Slovenia, Croazia, Svizzera, Spagna, Germania e Francia.
Come previsto dalla Direttiva 2006/112/CE, che determina il sistema comune dell'Unione Europea di imposta sul valore aggiunto, infatti il trasporto di passeggeri è una delle eccezioni previste alla norma generale che un servizio venga tassato presso il cliente, se si tratta di un'azienda, o presso il luogo del fornitore, se il cliente è un privato.
Per svolgere un servizio con destinazione uno dei paesi sopra menzionati, prendiamo ad esempio il caso della Croazia, un'impresa di autoservizi deve procedere, di fatto tramite consulenti, all'apertura della posizione fiscale, con costi che per le sole pratiche di apertura e rilascio dell'identificativo fiscale ammontano ad alcune centinaia di euro, per fortuna da sostenere una tantum.
A questa spesa va aggiunto il costo della rappresentanza fiscale annua, anche qui pari ad alcune centinaia di euro, da sostenere però ogni dodici mesi. Ancora più onerosa è la gestione della posizione fiscale con un importo anche qui di alcune centinaia di euro/anno variabile in base al numero delle dichiarazioni Iva mensili a zero o con conteggi. A questi si aggiungono poi i costi, pari di solito ad alcune decine di euro, delle notifiche preventive di transito, la cui trasmissione alle autorità croate è obbligatoria prima dello svolgimento di ogni servizio all'interno del territorio di tale stato, anche nei casi di passaggio verso altra destinazione.
Si spiega così il motivo per cui molte imprese di autoservizi sono solite addirittura rifiutare le quotazioni con destinazione o attraversamento di paesi esteri con obbligo di posizione fiscali.
Per ammortizzare i costi sopra descritti sono necessari nel corso dell'anno più viaggi. Con un singolo servizio difficilmente i costi di apertura e lo sforzo a livello amministrativo vengono ripagati. E non bisogna dimenticarsi che, essendo tali costi da sostenere ad aziendam, indipendentemente dal numero dei veicoli, particolarmente penalizzate sono le aziende con un ridotto parco mezzi, per non parlare di quelle monoveicolari.

Il delegare in outsourcing a uno studio di consulenza specializzato la gestione delle posizioni fiscali estere solleva le imprese di autoservizi da numerosi adempimenti, tenuto conto che spesso le dichiarazioni Iva nei vari paesi esteri dove l'impresa di autoservizi ha aperto la posizione fiscale vanno presentate obbligatoriamente anche in assenza di viaggi svolti.
Di fatto ormai, quando arriva un preventivo per un servizio con destinazione estero, le imprese di autoservizi sono solite inoltrarlo direttamente al proprio consulente per richiedere assistenza addirittura nella fase di quotazione. Ogni sistema, soprattuto quando si parla di fisco e tasse è perfettibile, ma la riflessione che sorge spontanea è quanto lo status quo favorisca davvero la libera circolazione dei servizi e delle persone?